Giorgio Gaber canta: “Se potessi mangiare un’idea, avrei fatto la mia rivoluzione”. E collegando questa frase allo slogan della CGIL e dell’ultimo congresso “Il voto è la nostra rivolta”, possiamo dire che votare, mangiare, atti che sembrano così semplici ed impiegano il minimo dei nostri sforzi, hanno in realtà un complesso meccanismo di assimilazione dietro, come la democrazia che “si muove a passi lenti ma definiti”, come diceva Abramo Lincoln.
Il prossimo 7 e 8 Giugno, l’Italia si troverà di fronte a una scelta cruciale. Otto quesiti referendari, ciascuno carico di implicazioni sociali, giuridiche e morali, chiederanno ai cittadini di esprimersi su temi che definiranno il volto del Paese per i prossimi decenni. Tra questi, la questione dello ius soli e della riforma della cittadinanza emerge come uno dei nodi centrali, simbolo di un’Italia che fatica a riconoscersi in un’identità plurale e inclusiva, ma che potrebbe finalmente compiere un passo decisivo verso una società più giusta e coesa. Molte le entità e le figure di spicco che si stanno avvicendando e susseguendo da palchi, canali social, programmi Tv per spiegare l’importanza di questa pietra miliare per la democrazia in Italia. Il prof. Alessandro Barbero su tutti, il suo primo intervento al congresso della CGIL del mese scorso, ha citato Marc Bloch, storico ebreo francese che contestava il nazismo nonostante venisse da un’estrazione filo-destrorsa, quindi simile a quella di Hitler. dove ha spiegato che il tumulto dei Ciompi, il più grande tumulto avuto in Italia, quando nel Medioevo gli operai fiorentini chiesero a gran voce di potersi associare come i padroni, cosa che era vietata quasi in tutta Europa. Prima vi erano corporazioni e gilde, che monopolizzavano tutto, salari, orari di lavoro. Il primo sindacato in Italia nasce dalle idee di quella rivolta, la rivolta dei Ciompi in Firenze nel 1378. Nel 1906, le rivolte dei lavoratori e contadini nelle campagne, dove lo Stato impiegava la cavalleria per arginarle o per impedire che venissero disturbati i crumiri o peggio quelle del 1943 in piena epoca fascista.
La lotta, per il lavoro è sempre stata presente nel sentimento degli italiani e qualche volta ha trovato “giusta manifestazione”.
Tornando al referendum in sé ed il quesito sull’attuale sistema di acquisizione della cittadinanza, basato sullo ius sanguinis, è un retaggio di un’epoca in cui la mobilità globale era un’eccezione e non la regola. Oggi, migliaia di bambini e ragazzi nati o cresciuti in Italia, figli di genitori stranieri, si trovano in un limbo giuridico: parlano italiano come prima lingua, frequentano le stesse scuole dei loro coetanei, condividono sogni e aspirazioni, eppure, al compimento dei diciotto anni, devono affrontare un iter burocratico complesso e spesso discriminatorio per ottenere un diritto che dovrebbe essere loro sin dalla nascita. Sono italiani di fatto, ma non di diritto. Lo ius soli temperato, oggetto di uno dei quesiti referendari, rappresenta una risposta a questa contraddizione. Prevedere che un bambino nato sul territorio italiano da genitori stranieri, almeno uno dei quali residente legalmente da un numero definito di anni, acquisisca automaticamente la cittadinanza, non è solo una questione di equità, ma un investimento sul futuro del Paese. Questi giovani, spesso chiamati “seconde generazioni”, sono già parte integrante della società: escluderli significa privare l’Italia di energie, talenti e potenziale. Paesi come la Germania e la Francia hanno già adottato da tempo normative simili, riconoscendo che l’integrazione passa anche attraverso il diritto.
Ma il referendum non si limita alla cittadinanza. Gli altri quesiti toccano ambiti altrettanto vitali per il Paese, a cominciare dalla giustizia. Uno dei temi più dibattuti riguarda la possibile abolizione del limite temporale per i processi, una misura che, se da un lato mira a garantire celerità, dall’altro rischia di sacrificare il diritto a un giusto processo. In un sistema giudiziario già sotto pressione, trovare un equilibrio tra efficienza e garanzie costituzionali è una sfida complessa, che richiede una riflessione collettiva. Allo stesso modo, le proposte legate all’ambiente chiedono agli elettori di pronunciarsi su misure che potrebbero accelerare la transizione ecologica, dalla tutela dei beni comuni alla lotta al cambiamento climatico. In un’epoca segnata da crisi ambientali sempre più frequenti, queste scelte non sono rinviabili.
L’Arci Nazionale è in carovana per promuovere il referendum in partnership con la CGIL. Saranno eventi dove verranno snocciolati i quesiti ed il loro effetto che avranno su di noi tutti. E poi c’è il lavoro. Tra i quesiti referendari, alcuni puntano a rafforzare i diritti dei lavoratori, contrastare il precariato e garantire condizioni più eque in un mercato del lavoro sempre più frammentato. Sono temi che toccano direttamente la vita di milioni di persone e che riflettono un malessere diffuso, soprattutto tra le giovani generazioni, costrette troppo spesso a rinunciare a stabilità e prospettive. Questo referendum, dunque, non è una semplice consultazione, ma un banco di prova per la democrazia italiana. È l’occasione per correggere storture accumulatesi nel tempo, per modernizzare istituzioni spesso ancorate al passato, per dare voce a chi finora è stato invisibile.
La posta in gioco è alta: si tratta di decidere se l’Italia vuole essere un Paese che guarda avanti, capace di accogliere le sfide del presente senza paura, o se preferisce rinchiudersi in un conservatorismo sterile, che rischia di lasciarla ai margini dell’Europa e della storia. La partecipazione al voto sarà determinante. In un’epoca di sfiducia crescente verso la politica, il referendum rappresenta uno strumento di democrazia diretta che permette ai cittadini di incidere concretamente sulle scelte del Paese. Disertare le urne significherebbe rinunciare a questo potere, lasciando che decisioni fondamentali vengano prese da altri. Al contrario, un’alta affluenza potrebbe mandare un segnale chiaro: l’Italia è pronta per un cambiamento.
Il 7 e 8 giugno al referendum, quindi, non si voterà solo su singole questioni, ma su un’idea di futuro. Lo ius soli, la giustizia, l’ambiente, il lavoro sono tasselli di un mosaico più grande, che disegna un’Italia più giusta, più moderna, più solidale. Un’Italia che non ha paura di guardarsi allo specchio e di riconoscersi in tutta la sua complessità. La scelta spetta a noi cittadini perché un’idea, un concetto un’idea, non sia solo un’astrazione. Il momento della democrazia è ora.
Ruggero Inglese
