Non siamo Live

In Ucraina, per la prima volta, una preghiera interreligiosa contro la guerra

Facebook
WhatsApp
Telegram

A ottobre il Mean, movimento europeo di azione non violenta, gruppo pacifista, di attivisti sia laici sia  clericali si è recato in l’Ucraina per pregare insieme contro la guerra. Ne parla Don Giacomo Panizza, della Comunità Progetto Sud di Lamezia Terme, che ha fatto parte della delegazione italiana

Uniti in una preghiera interreligiosa, per la prima volta nella storia, in contemporanea a Kyiv nella piazza Santa Sofia, e a Leopoli, nella Basilica Francescana, davanti alla cattedrale ortodossa, uno dei maggiori simboli della religiosità ucraina. Come ha dichiarato l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico di papa Francesco, a don Giacomo Panizza, membro della delegazione del Mean, movimento europeo di azione non violenta, tra i promotori dell’iniziativa, un evento simile, in Ucraina, “non era mai successo prima”. Infatti è stato trasmesso anche in diretta streaming, durante la quale sono stati anche mostrati i residui bellici di mezzi militari russi con i quali si era tentato, a inizio della guerra, di conquistare la stessa città di Kyiv.

Contemporaneamente, su di un grande schermo venivano mostrati una quindicina di gruppi di preghiera, sparsi in tutta Italia, collegati via zoom. Sempre a distanza, è intervenuto anche il vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana, monsignor Francesco Savino, mentre da Israele Angelica Edna Calo Livne della fondazione Beresheet LaShalom, è intervenuta dal confine con il Libano. Quei giorni spesi a pregare per la pace, erano gli stessi che seguivano l’atroce attacco di Hamas alla popolazione civile israeliana. Importante quindi la presenza delle diverse  confessioni: i rappresentanti dei riti cattolici romano e orientale, gli ortodossi della chiesa ucraina, i protestanti e i musulmani. Poi i rappresentanti della società civile, tra cui gli attivisti del Mean.

Quest’anno, come già accaduto nel precedente, anche dalla Calabria si è mossa una delegazione di pacifisti, e tra loro, appunto, don Giacomo Panizza, sacerdote anti-’ndrangheta, fondatore della comunità Progetto Sud e portavoce di Alleanza contro la povertà in Calabria, nonché promotore di pace dal 2022 in Ucraina.

La delegazione del Mean, don Panizza che regge lo striscione

Nel 2022, a guerra iniziata da poco, lei si era già recato in Ucraina. Per una due giorni di incontri,  per aprire un dialogo e un cammini di pace da costruire insieme agli attivisti del Mean, il Movimento Europeo di Azione Nonviolenta (MEAN). Adesso è tornato lì per due giornate a Kiev e Leopoli, durante le quali si è svolta la preghiera universale di fratellanza per la pace. Ci racconta il significato di questa iniziativa mentre è in atto una carneficina che coinvolge più territori del mondo, non solo quello Ucraino?

Una preghiera universale di fratellanza ha sempre senso, sia in tempo di guerra che di pace, perché pregare davvero tiene dentro non solo la circostanza in cui “dici le preghiere” ma la tua esistenza. Certo, poi, una preghiera è universale quando raccorda diverse fedi religiose che dialogano e “lodano Dio per tutte le sue creature” senza ipocrisie e superando di chiudersi su sé stesse in clan, chiese o nazioni.

La feroce invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha smosso alcune persone amiche e altre collegate da affinità elettive. In fretta, abbiamo messo in fila quattro parole significative combinandole in modo da formare un quinto concetto di senso. MEAN nasce così, acronimo di un movimento laico rappacificatore, contrario a una guerra provocata da pretesti locali per occultare scenari planetari. Come MEAN agiamo per la pace tra popoli e, ci auspichiamo, tra coloro che li governano.

Il bisogno di relazioni di fiducia e non di odio sussiste dappertutto, gli orrori naturali per le guerre non sono naturali per l’esistenza umana. E si vaneggia a pensare che basti pregare per avere pace, perché la pace esiste solo quando si fa tra persone e persone, tra società, tra popoli, tra interessi, tra politiche. La guerra, insomma, sfida chi l’ha iniziata, provoca le vittime, coinvolge chi non c’entra, ad adoperarsi a favorire una giusta rappacificazione.

Il 14 ottobre 2023 a Kyiv, promosso dal MEAN e partecipato dalle diverse fedi, chiese, comunità musulmane, associazioni e persone di culture laiche, abbiamo organizzato un evento di preghiera universale di fratellanza per la pace, in collegamento con varie parti d’Europa e oltre. Al termine, l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico di papa Francesco, mi confidava: «Oggi in Ucraina abbiamo celebrato la prima preghiera internazionale e interreligiosa. L’avete promossa voi di MEAN. Grazie, non era mai successo!». Che dire di senso o nonsenso di un evento simile?

Cosa si prova attraversando i luoghi della guerra? E con che stato d’animo si torna

poi nei propri territori?

In mezzo alle paure e alla morte, alle case distrutte e alle tombe di Buča, a carri armati bruciati e alle sirene nelle orecchie ci trovi spiritualità. Una essenzialità umana. In terra di guerra non viene facile parlare di pace con le vittime, però, parlarne lo stesso è spiritualità. La spiritualità riporta le cose alla loro verità.

A Kyiv (scrivo il nome della capitale come lo scrivono e pronunciano i cittadini ucraini, perché Kiev è il modo in cui si scrive e pronuncia in russo) ci siamo stati l’11 luglio 2022 perché è festa di san Benedetto, patrono d’Europa. Contavamo sulla simbologia religiosa per il significato comune che ha per i due Paesi belligeranti seppur si dicono cristiani. Così anche a Lviv (nome che in italiano traduciamo con Leopoli). Abbiamo pregato al Memoriale di Buča, dove abbiamo visto foto drammatiche e le lapidi dei primi civili ucraini là massacrati in sfregio ai primi episodi di resistenza civile, e ascoltato le testimonianze dei sopravvissuti.

La spiritualità filtrava dalle lacrime trattenute di chi raccontava. Nella determinazione del loro dire libertà e democrazia, pur essendo deboli e sfiniti; nel rifiuto a sottomettersi di nuovo a dei nemici-padroni; e anche nel nostro bisogno di verità che ci ha spinto fin là per ascoltare le loro parole disperate e tanto diverse da quelle lette e sentite in Italia da mass media e social sentivamo spiritualità e spinta ad attrezzarsi per organizzare speranza e futuro.

Ci racconti una esperienza significativa svoltasi sul campo.

Ciascuno di noi, verso Pasqua 2022, ha scritto la propria motivazione per un viaggio in Ucraina e l’ha girata agli altri componenti del gruppo, poi abbiamo elaborato “Il decalogo del MEAN”. Da parte mia ho scritto: «Anch’io ci sono per l’11 luglio a Kyiv! Ci sono perché nel Movimento Europeo Azione Nonviolenta abbiamo deciso di andare a mani disarmate in zone di guerra, di presentarci a Kyiv con tanto da dire e, ancor di più, da ascoltare. Ci sono per chi ha tutt’ora bisogno di rendersi conto che è solo giusto metter da parte le guerre, di non supportarle con gli armamenti che uccidono né occultarle con silenzi o chiacchiere che lasciano morire persone e popolazioni. Ci sono con chi crea processi di pacificazione, persuaso che la pace nasce da corpi di carne con ideali ambiziosi e vogliosi di politiche umanizzanti».

Una volta arrivati, la gente osservava ma non toccava i generi alimentari e medicali scaricati. Usando la lingua inglese e interpreti, abbiamo capito che cercavano medicinali per curare ferite di arma da fuoco, cerotti per riunire tagli nei corpi, e tutto quanto serva a calmare dolori e via di seguito. Ogni volta che siamo andati e tornati dall’Ucraina abbiamo negoziato e ottenuto con il governo locale di poter dialogare con gruppi sociali pacifisti e culturali, studenti e lavoratori, persone che hanno subìto brutture dalla guerra e persone che le hanno aiutate. Queste ultime non si definiscono volontarie ma militanti.

Nel viaggio di autunno 2022 è stata importante la presenza di alcuni sindaci italiani a Lviv, dove ci siamo confrontati sulla desiderata ricostruzione del lontano o vicino dopo guerra. In Ucraina, dunque, il 25 ottobre 2022 tra il Mean-Movimento di azione nonviolenta, insieme ad alcuni comuni italiani e al coordinatore delle Anci regionali italiane, e venticinque comuni ucraini, sono stati firmati i “Patti di Leopoli”, una dichiarazione che regola i reciproci impegni a favore del popolo ucraino aggredito. Si tratta di cinque articoli, tra cui spicca l’istituzione di una Commissione Verità e riconciliazione.

Il 13 marzo 2023, in Piazza della Libertà nella città di Brovary, abbiamo inaugurato il “Peace Village”, uno spazio multinazionale e rifugio climatico a servizio della popolazione civile, donato a Brovary dal MEAN insieme a un pool di imprese italiane e curato dalla Fondazione internazionale “Free Spirit of Ukraine” e Kyiv Municipal Motor Car Club, con il sostegno dell’Amministrazione statale del distretto di Brovary della regione di Kyiv e del Consiglio comunale di Brovary.

Quest’anno è intervenuto alla preghiera anche Monsignor Savino, che ha dichiarato che non bisogna mai rassegnarsi, né smettere di pregare insieme. In che modo deve concretizzarsi l’impegno a mantenere vivo il dialogo tra tutte le parti?

È stato importante e opportuno l’intervento di monsignor Savino in qualità di vicepresidente della Conferenza episcopale italiana alla preghiera universale di fratellanza per la pace che abbiamo svolto in Piazza Santa Sofia di Kyiv. La Chiesa cattolica universale era rappresentata dalla presenza del nunzio apostolico, ma gli ucraini gradivano la presenza anche della Chiesa italiana. Per questo, dunque, abbiamo stabilito un collegamento online con il vicepresidente della CEI e visto presenti vari rappresentanti di note associazioni italiane di ispirazione cristiana. Monsignor Francesco Savino ha fondatamente allargato la preghiera alle guerre diffuse nel mondo intero, ha evidenziato i compiti delle diplomazie unitamente agli impegni coraggiosi di uomini e donne di ogni Paese impegnati a far avanzare la pace e fermare le guerre. Ha riscosso applausi mentre si rivolgeva a Putin esortandolo a fermare per primo la guerra che aveva provocato. Siamo in pieno tempo dell’impegno e del dialogo. La Chiesa sta osando tanti primi passi per diventare al meglio una Chiesa che preghi e testimoni coerentemente le sue preghiere per la pace.

Amalgamato a tutto ciò, il giorno seguente a Kyiv presso l’October Palace, il MEAN e la società civile ucraina abbiamo guidato una “Conferenza Europea per l’istituzione e per l’operatività dei Corpi Civili di Pace Europei” (per come ideati da Alex Langer). In presenza e in live streaming on facebook hanno partecipato deputati del Parlamento europeo di vari Paesi e partiti politici, insieme a delegati dei “costruttori di pace” organizzati e con esperienze significative sul campo. Si capisce che abbiamo condiviso la necessità non più rinviabile che l’UE scelga di avviare coraggiosi processi di pace tra gli Stati e di disegnare cammini di dialogo e di perdono tra culture e tra popoli.

Condividi l'articolo
Facebook
Twitter

Newsletter

Seguici

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *