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La Sicilia in Carovana per un Mediterraneo libero, solidale e smilitarizzato

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Mentre a Lampedusa si ricordano i 10 anni dalla Strage di migranti del 3 ottobre 2013, un gruppo di associazioni ha attraversato la Sicilia per denunciare le condizioni dei Cpr e l’industria delle armi

A Sigonella, 20 chilometri dal centro di Catania, c’è la Naval Air Station, presso l’aeroporto dell’Aeronautica Militare, una delle basi Nato in Europa. Da qui sono partite e partono tante missioni di guerra di Italia, Usa e Ue verso diverse aree del mondo. Mediterraneo, Africa, l’Europa orientale, Medio Oriente. È qui che, pochi giorni fa, il 29 settembre, ha fatto tappa la Carovana per una Sicilia aperta, solidale e smilitarizzata per protestare contro la costruzione di un’altra pista come base per gli arei cisterna Usa. In parallelo alle manifestazioni per i 10 anni dal naufragio del 3 ottobre 2013 a Lampedusa, in cui morirono 366 persone, una ventina furono i dispersi e 155 i migranti salvati, un gruppo di associazioni ha deciso di attraversare la Sicilia per tenere alta l’attenzione sia sulle politiche di accoglienza, sia sulla condizione dei centri che dovrebbero essere di prima accoglienza e dove invece i migranti vengono bloccati spesso per mesi.

Tappa della Carovana a Cinisi, davanti alla Casa Memoria
“Felicia e Peppino Impastato”

Cpr, zona grigia del diritto

“All’interno dei Cpr, Centri di permanenza per il rimpatrio si trovano detenuti centinaia di profughi in situazioni di carenze strutturali che violano i diritti umani”. La denuncia arriva da Yasmine Accardo, attivista di Mem.Med – Memoria Mediterranea, progetto di ricerca e tentativo di ricostruzione del maggior numero possibile di migranti morti in mare. Accardo è stata anche referente nazionale della campagna LasciateCIEntrare, volta a contrastare una circolare del ministero dell’Interno che vietava l’accesso agli organi di stampa nei centri di identificazione ed espulsione. “In quelle strutture – spiega Accardo – si assiste a una zona grigia del diritto, anche perché lì dentro sono trattenuti molti minori senza famiglia, che vanno sotto l’acronimo di Msna (stranieri non accompagnati). In quei centri i minori non potrebbero stare ed è agghiacciante che gli stessi possano trovarsi in promiscuità con gli adulti e che non si faccia fede alla loro dichiarazione anagrafica. Con la Carovana – racconta – abbiamo organizzato dei presidi al di fuori dei centri per l’immigrazione. Siamo stati a Porto Empedocle dove è stato allestito un hotspot d’urgenza per venire incontro ai numerosi sbarchi di Lampedusa degli ultimi mesi. Siamo stati davanti il Cpr di Caltanissetta dove si trovano profughi che ancora sono in attesa di espletare le procedure di riconoscimento e foto segnalazione”. “Noi facciamo tappa in questi luoghi per monitorarne le condizioni, sia interne sia dei trasferimenti dei migranti in altri centri simili – rincara Accardo –  e ribadire la nostra ferma opposizione alla politiche attuali di finta accoglienza. Il fantomatico decreto Piantedosi, che tutti conosciamo come decreto Cutro, con cui sono stati aumentati i Cpr, è in linea con il precedente decreto Minniti che già disponeva la presenza di questi centri in ogni luogo di sbarco e l’ampliamento a 18 mesi della permanenza obbligata”.

Dopo la Strage di Steccato di Cutro Yasmine e le altre attiviste di Mem.Med hanno lavorato per settimane, senza sosta, facendo spola tra il PalaMilone di Crotone, palazzetto dello sport trasformato nell’obitorio dei morti in mare, e la spiaggia del naufragio della Summer Love. “Abbiamo chiesto giustizia – ricorda ancora Yasmine Accardo – partecipando all’esposto presentato alla Procura di Crotone dai familiari dei naufraghi, con il supporto dei nostri legali, e continuiamo a mantenere contatti con i parenti. Ma seguiamo anche altri naufragi, abbiamo ricevuto molte segnalazioni dalla Tunisia, per la ricerca dei familiari dispersi e stiamo continuando a fare pressing sulle Istituzioni per ricevere tutte le informazioni necessarie per il riconoscimento del DNA, il che comporta anche delle spese notevoli”. 

Dalla Val di Susa alla Sicilia

Adesso in Sicilia per unirsi alla denuncia unanime che arriva dall’ampia adesione di diverse realtà a questa Carovana. Hanno attraversato l’isola contro le guerre e per i diritti umani associazioni, comitati e sindacati come Cobas Scuola-Sicilia, Comitato No-Muos, Comitato No-Sigonella Catania, l’associazione Contadinazioni, Partinico Solidale, Fuorimercato-Autogestione in Movimento, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università -Palermo, Città Felice- CT, Comitato di base NoMuos-Pa, Assemblea NoGuerra-Pa, Laici Comboniani Agrigento, Punta Izzo Possibile-Augusta.  A Campobello di Mazara, consorzio comunale di Trapani, insieme all’associazione Contadinazioni, appunto, e alle comunità del Gambia e della Guinea-Bissau, si è tenuta una manifestazione in memoria di Omar Baldeh, bracciante morto il 30 settembre 2021 nell’incendio in una tendopoli vicina a un cementificio. 

Foto scattata dalla Carovana davanti all’hotspot di Pozzallo (Ragusa)

“Questo è un percorso nato dieci anni fa a Torino – spiega Alfonso Di Stefano, attivista catanese di lungo corso, tra gli organizzatori del cammino solidale – dove un collettivo di persone, Carovane Migranti appunto, organizzava iniziative di sostegno ai familiari dei desaparecidos in Centro America, vittime del regime di frontiera fra Messico e Stati Uniti e anche per i familiari del Maghreb e Tunisia”. In varie parti d’Italia Carovane Migranti raccoglieva venti, trenta persone che attraversavano vari luoghi simbolo tra cui il C.A.R.A. di Mineo – Centro di accoglienza per richiedenti asilo, struttura sorta nel 2011 nel contesto dell’emergenza Nord Africa. Che è diventato poi emblema dell’accoglienza ghettizzata con pesanti ricadute sulle vite dei richiedenti asilo. “In luoghi come quello – denuncia Di Stefano – abbiamo ricevuto segnalazioni di abusi, violazioni e sfruttamento di centinaia di migliaia di ospiti africani e asiatici parcheggiati e contenuti senza rispetto dei loro diritti e delle condizioni umane di vita”. Di Stefano fa anche parte del coordinamento Caravana Abriendo Fronteras (carovana frontiere aperte), che vede riunite un centinaio di associazioni spagnole, con cui nel 2018 ha organizzato la prima carovana proprio in Sicilia. Quest’anno – aggiunge – sentivamo la necessità di ripetere la carovana perché la situazione è andata via via peggiorando”.

“Noi ci impegniamo – riprende anche Accardo – affinché queste iniziative di protesta e denuncia siano trasversali. Infatti, oltre ai torinesi in cammino, la presenza in Sicilia del collettivo Fornelli in Lotta, legato movimento No Tav, certifica che il tema è trasversale: lo Stato spende migliaia e migliaia di euro per opere inutili che distruggono e devastano i territorio e non siamo in grado di garantire la libertà di movimento, i diritti e il miglioramento della vita di tutte le persone”.

A proposito di spese militari, un’altra delle tappe è stata davanti alla Fincantieri dove è in riparazione la nave Cavour – portaerei della Marina Militare del ministero della difesa in servizio dal 2009 – che si trova in rotta per la guerra davanti la Cina. Ecco, quindi, la necessità di fare fronte comune: movimenti antirazzista, antimilitarista, femminista. “È una lotta che ci tocca tutti – ribadiscono Di Stefano e Accardo – perché la frontiera è anche quella patriarcale, sulla militarizzazione, sulla libertà di movimento, sullo sfruttamento dei territori e delle persone”.

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