C’è ancora domani: una storia neorealista che diventa manifesto femminista – NO SPOILER
Qualche giorno fa, ho avuto il piacere di vedere su Netflix il film campione d’incassi in Italia del 2023 “C’è ancora domani”, diretto da Paola Cortellesi. Le aspettative che avevo prima di guardare la pellicola erano molto alte, perché nel corso di questi mesi non ho sentito nemmeno una persona che ne parlasse male e questo mi incuriosiva tanto. Dopo aver visto la pellicola, devo dire che non sono rimasto affatto deluso, anzi. Ho davvero tanto apprezzato questo esordio alla regia per Paola Cortellesi.
In breve, la trama del film ruota intorno a Delia (personaggio interpretato dalla stessa Cortellesi), madre di famiglia di due bambini piccoli e di una ragazza adolescente, con un marito violento, Ivano Santucci (Valerio Mastandrea), che giustifica la violenza nei suoi confronti con il fatto che ha combattuto due guerre. Ci troviamo, infatti, in un piccolo quartiere della periferia di Roma nel 1946, subito dopo la liberazione da parte degli americani dal regime fascista. La scelta di girare l’intero film in bianco e nero è una scelta più che azzeccata perché aiuta ad immergersi anche più a fondo all’interno della vicenda, tanto che sembra di trovarsi proprio lì, in quel periodo storico tanto fragile e delicato, insieme ai personaggi della storia.
Nel corso del film, Delia si trova ad affrontare diversi conflitti: in primis con suo marito, dove lei ne esce sempre nel peggiore dei modi, con occhi neri o con segni di lividi sul corpo, perché negli anni è diventata il capro espiatorio della sua immotivata violenza. Circa a metà film, assistiamo anche ad una scelta stilistica molto particolare per raccontarci un episodio di violenza domestica. I protagonisti della scena, Ivano e Delia, prendono parte ad una macabra danza all’interno del salone della loro casa, con i figli che ascoltano ciò che sta succedendo dall’altra stanza. Oltre alla scena in sé, la particolarità sta nella percezione. Questa scena, infatti, viene percepita in modo diverso all’interno film, dove in questo caso si tratta di una tragica scena reale di violenza che non lascia spazio all’immaginazione e in cui non avviene alcuna danza, rispetto a come la percepiamo noi spettatori, in questo modo così grottesco e sopra le righe. Con questa scelta autoriale, il pubblico non distingue dove finisce l’amore (se ce n’è mai stato) e inizia la rabbia repressa nel marito, perché entrambe le emozioni sono ben integrate all’interno di questo ballo, quindi il tutto assume una piega ancora più inquietante.
Un altro problema che Delia si trova ad affrontare nel corso della pellicola è la paura che anche sua figlia Marcella possa avere una vita coniugale sofferta simile alla sua. Il fidanzato di lei, infatti, le ha chiesto la mano e, anche se apparentemente sembrava un bravo ragazzo garbato e gentile, Delia ha udito una conversazione tra i due futuri sposini in cui è uscita fuori la sua vera natura. “Quando sarai sposata con me non dovrai più lavorare e ti dovrai fare bella solo per me”, queste sono le parole che Delia ha origliato per caso e che dentro di lei le hanno fatto scattare un segnale d’allarme, perché si è ricordata di tutte le volte che frasi del genere sono uscite dalla bocca di suo marito, quando loro erano ancora giovani e apparentemente innamorati. L’unica differenza era che sua figlia era ancora in tempo ad evitare quella vita, al contrario suo…
Per finire, un altro conflitto interiore che Delia deve affrontare è scegliere se fuggire o meno dalla sua tragica situazione e lasciare la sua famiglia per sempre. Nino (Vinicio Marchioni) è un uomo che in gioventù era innamorato di Delia e le ha rivelato che, nonostante gli anni trascorsi, anche in quel momento provava ancora dei sentimenti sinceri per lei, proprio come la diretta interessata nei suoi confronti. Lui lavora come meccanico, ma purtroppo non guadagna molto e nel giro di una settimana è costretto a salire al Nord per cercare di avere più fortuna. Proprio per via di questa occasione, è lo stesso Nino a proporre a Delia di venire con lei e lasciare tutto.
Senza raccontare come si sviluppa l’intreccio della pellicola, per evitare di spoilerare un film che merita di essere visto, posso solo dire di aver davvero apprezzato le grandi capacità attoriali di tutti gli attori in scena, oltre alla trama molto articolata e ai dialoghi drammatici, ma che ogni tanto tendevano a prendere una piega comica e sopra le righe per smorzare la tensione.
Secondo il mio punto di vista, ci troviamo di fronte ad un bel film neorealista, che però va anche oltre l’obiettivo che si prefigurava questo genere cinematografico. Rispetto ai film girati proprio negli anni successivi al secondo conflitto mondiale, che si limitavano a narrare storie di vita di gente povera che viveva in periferia e che in qualche modo stava ancora combattendo contro il nazifascismo, nemico comune che non era ancora del tutto stato debellato, questa pellicola si propone di raccontare anche una realtà che per molti anni non ha avuto l’attenzione che si meritava e che continua ad essere presente anche nella società odierna: la violenza contro le donne. È chiaro che questo tema è alla base della narrazione, ma il film non si limita a raccontarci solo la violenza fisica dentro le mura domestiche, che in quegli anni era una cosa talmente tanto normale da fare paura, ma ci vengono mostrate anche altre sfaccettature della violenza, come quella economica o quella intellettuale. Per esempio, anche all’interno della famiglia altolocata del fidanzato di Marcella ci sono dinamiche simili a quelle che vediamo nella famiglia protagonista del film. Il padre, infatti, tende a rimproverare sua moglie quando cerca di entrare in una conversazione che lui reputa prettamente maschile e non adatta alle donne, come nel caso dei discorsi legati alla politica.
Parlando del finale, invece, sono inizialmente rimasto spiazzato. Continuando a non fare spoiler, posso solo dire che il finale è del tutto inaspettato, ma anche molto giusto per una pellicola del genere. L’attenzione, che fino a quel momento era più che altro rivolta verso Delia, sul finale si sposta di colpo verso tutte le donne. Nella scena finale, coreografata di nuovo come se fosse una danza e accompagnata da un pezzo di Daniele Silvestri che sembra scritto proprio per l’occasione (“A bocca chiusa”), assistiamo ad un evento importante, che getta le basi per una lotta che continua tutt’oggi, dove ancora non si è raggiunto il pieno obiettivo: l’emancipazione femminile.
“Ogni volta che una donna lotta per se stessa, lotta per tutte le donne.” (Maya Angelou)
Voto 9/10
Qualcosa su di me
Mi chiamo Alessio Carrozzo e frequento la facoltà di “Comunicazione e Tecnologie dell’Informazione” all’Università della Calabria. Qui ad Arci MediaTerronia sono un tirocinante e grazie a loro ho ricevuto questo spazio sul loro sito dedicato alle mie passioni, ovvero la cultura e lo sport. Nell’arco dei prossimi mesi, vi farò compagnia con articoli dedicati a film, libri, serie tv, musica, sport e tanto altro, creando spunti di riflessione su temi sociali e di attualità o semplicemente informandovi e segnalandovi qualcosa in particolare che ha destato la mia attenzione. Rimanete aggiornati e lasciatevi trasportare dalla corrente.