Contro la violenza di genere, non basta punire, bisogna prevenire. In occasione del giornata internazionale del 25 novembre, Maria Grazia Martire di Spazio Donna e Gianfranco Sangermano raccontano il lavoro dei Cam, i centri dove si ascoltano e “rieducano” gli uomini maltrattanti
Un sedia spaccata per terra, o un mobile di casa danneggiato con violenza. A volte anche animali domestici maltrattati violentemente per lanciare un messaggio forte e chiaro alla propria moglie o compagna di vita: “Se mi fai arrabbiare, se mi disobbedisci, ecco cosa ti succede”. Spesso il tutto davanti ai figli. Se per caso ci fosse ancora qualcuno che non comprende appieno cosa significhi violenza di genere, sulle donne, questi sono solo alcuni esempi. Spesso l’anticamera ai femminicidi.
Ma non si tratta di uomini “malati”, o “da curare” da qualche patologia, no. Parola di Maria Grazia Martire, psicologa che ha un ruolo essenziale. In collaborazione con il Moci, ong di Cosenza, segue da due anni il protocollo dei Codici rossi. Misure previste per legge e che comprendono, tra gli altri interventi, anche percorsi di ascolto per uomini maltrattanti, inviati dal Tribunale. Ma ci tiene subito a precisare “non si tratta di percorsi terapeutici, ma ‘rieducativi’”.
“La prima volta che vengono qui da noi, proviamo a farli parlare, ad ascoltarli – spiega Martire – ma quasi tutti minimizzano il reato di violenza che è stato loro imputato”. Molti di loro sono incensurati, per questo il giudice dispone la ‘sospensione della pena’. Anziché condannarli al carcere, prevede 6 mesi obbligatori di percorso con uno psicologo. Il Moci, dicevamo, ha attivato questi percorsi da due anni e Maria Grazia finora ha seguito 5 uomini maltrattanti. “Io non sono lì per giudicarli e non bisogna porsi con fare accusatorio – precisa – Capita che ci diano risposte strafottenti o si giustifichino addossando le ‘colpe’ alla donna, o attacchino i magistrati, ‘venduti’ perché li hanno condannati. Noi ci concentriamo sulle carte del processo, facciamo capire loro che conosciamo la realtà dei fatti e proviamo a farli ragionare”. Alcuni, quando si trovano davanti la sottoscritta, in quanto donna, si aspettano che io li ascolti come una mamma – continua Maria Grazia – e derubricano i loro comportamenti dentro casa a fatterelli, scaramucce. “Noi, invece, insistiamo nel farli riflettere e assumersi le responsabilità dei loro comportamenti malsani, legati alla piaga del patriarcato”.
Il Moci a breve nella rete dei Cam, partita a Firenze 14 anni fa
Quello al Moci di Cosenza è un protocollo attivo da due anni, nell’attesa di essere riconosciuti ufficialmente dalla Regione Calabria come centro di ascolto per uomini maltrattanti (Cam) o per uomini autori di violenza (Cuav), spiega Gianfranco Sangermano, responsabile della ong calabrese. “Ci occupiamo da tempo sia di prevenzione della violenza di genere, sia di percorsi di presa in carico e rieducazione di persone che commettono reati”. Ciò in accordo con il ministero della Giustizia, tramite l’ufficio esecuzione penale esterna (Uepe) e il tribunale.
In Calabria, oltre al Moci, opera il Cam di Catanzaro, organizzato dal Centro Calabrese di Solidarietà e dalla Fondazione Città Solidale. Ma il primo centro di ascolto per maltrattanti, dal 2009, è quello di Firenze, che ha dato impulso anche all’associazione nazionale Relive (Relazioni libere dalle violenze), una rete alla quale fanno capo circa 33 presidi in tutta Italia. Sul sito dell’ente si legge chiaramente: “Se da un lato è fondamentale intervenire per sostenere le vittime e riparare i danni di queste condotte, è necessario anche occuparsi di chi commette queste violenze. Perché chi usa violenza contro le donne tende ad atti aggressivi sempre più gravi e a recidivare nell’85% dei casi se non si interviene”. La rete Relive non è neanche l’unica. A luglio 2022 è stato presentato il progetto “Art. 16: Rete Cam Puglia” per l’attivazione di 6 centri ascolto maltrattanti, uno per ogni provincia. Ci sono poi il centro “Oltre la violenza” che fa capo alla Asl 1 di Napoli, un altro a Ferrara, il Cerchio degli uomini a Torino, Nuovo Maschile. Uomini liberi dalla violenza a Pisa, questi e altri censiti dalla Casa delle Donne di Brescia.
Come funzionano i “codici rossi”
“Dato che vogliamo implementare il nostro lavoro e organizzare gruppi di ascolto, dove gli uomini possano rispecchiarsi in maniera diversa l’uno con l’altro – afferma Sangermano – stiamo seguendo un corso organizzato proprio dal Cam di Firenze”. Sui canali social e sul sito del centro fiorentino, infatti, si trovano diverse informazioni sui percorsi rivolti agli autori di violenza. In linea con quanto ha stabilito anche la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, nota anche come Convenzione di Istanbul del maggio 2011.
In una recente intervista alla Tgr Toscana il dottor Mario De Maglie, psicoterapeuta e vice-presidente del Cam fiorentino ha spiegato: “Il centro funziona da 14 anni e si sono rivolti a noi sia uomini su base volontaria a chiedere aiuto, ma negli ultimi anni sono aumentati gli uomini in ‘codice rosso’, inviati dai tribunali. Al 7 novembre 2023 abbiamo circa 240 accessi, un numero importante”. In linea con quanto evidenzia la sua collega di Cosenza, Maria Grazia Martire, anche De Maglie precisa: “La violenza non è una malattia da curare, altrimenti così facendo sarebbe una de-responsabilizzazione degli uomini maltrattanti, la violenza è una scelta”. Questo il paradigma dei centri per l’ascolto: si insiste con gli autori di violenza per andare in fondo, alla radice del problema, e farli riflettere sulla loro mancata assunzione di responsabilità. Perché quando si sceglie di iniziare una violenza, si può scegliere anche di non farlo o di interromperla.
Proprio negli ultimi giorni sono arrivati anche segnali dal governo, alla luce della storia di Giuliana Cecchettin, in Veneto, vittima numero 102 quest’anno, e lei potrebbe essere la 53esima uccisa (dati Istat) per mano di un ex partner. Il Ddl Roccella, approvato al Senato, punta però soprattutto a inasprire le pene, con misure come il braccialetto elettronico per l’uomo con pene più severe in caso di manomissione dello stesso e il divieto di avvicinamento alla donna vittima di violenze, aumentato a 500 metri.
Spazio Donna Cosenza, attente sopratutto ai bambini
Chi lavora nel campo del contrasto alla violenza di genere parte, però, dal presupposto che più che inasprire le pene, bisogna investire molto di più per impedirle, evitare che tutto ciò accada. Ecco perché insieme al lavoro necessario dei Cam, è altrettanto fondamentale intervenire nella prevenzione. Sulla quale Moci e Spazio Donna Cosenza, centro per l’empowerment femminile (di cui ci eravamo già occupati qui) che Maria Grazia Martire ha fondato e coordina insieme ad altre socie e attiviste, tra cui Alessia Falco, sotto l’ombrello della ong WeWorld, sono altrettanto impegnati. Tra iniziative culturali, laboratori di fotografia e di lettura organizzati nella nuova sede di Spazio Donna nel quartiere Gergeri di Cosenza.
Qui Spazio Donna include una sezione “child care” per bambini dai 0 ai 6 anni, una sorta di area protetta dove ci si prende cura dei figli delle donne vittime di violenza. È un servizio fondamentale per contrastare la manipolazione dei padri sui bambini “che diventano una delle ‘armi’ di controllo degli uomini verso le donne – sottolinea Falco – e ne restano gravemente traumatizzati, necessitano di un supporto costante”. Queste donne, spesso isolate e senza una rete di supporto familiare, rimangono invisibili e inascoltate. Spazio donna organizza laboratori, corsi di informatica e lezioni di scuola guida, per aumentare la loro indipendenza e autostima.
Uno dei più efficaci è sicuramente il ciclo di laboratori “’Mbarati (E)sperta”, che in dialetto cosentino significa, “impara a essere pratica”, dove alle donne vengono impartite anche lezioni di come si fa la manutenzione all’automobile. Tutte faccende considerate, secondo gli stereotipi, appannaggio esclusivo degli uomini. Non solo laboratori, anche incontri nelle scuole. Sempre grazie a WeWorld in questi mesi a Cosenza Moci e Spazio Donna stianno avviando il percorso ‘Generazione 5’ finanziato dal ministero degli Affari Esteri. “Da qui a giugno 2024 – promette Sangermano – lavoreremo in 10 scuole superiori tra la città e la provincia, dove interverremo con affiancamento agli insegnanti e tutoraggio in alcune classi sull’educazione a cosa è la violenza di genere”. Tra l’altro, in alcune degli istituti di formazione selezionati, c’è una spiccata presenza di studenti maschi “quindi crediamo che sia ancora più utile”.
Dai cam, alle iniziative culturali e nelle scuole, la violenza di genere si combatte naturalmente anche nelle piazze, dove le date simbolo della lotta contro la violenza maschilista si dovrebbero praticare ogni giorno. Segnaliamo due tra gli appuntamenti sul nostro territorio: giovedì 23 novembre, alle ore 17 sit-in “Mai più, diamo fuoco al silenzio”, sul ponte Bucci dell’Università della Calabria e il 25 novembre alle vi diamo anche noi appuntamento in piazza XI settembre “Per Giulia Cecchettin e per tutte”.
*Ha collaborato Gianluca Palma