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“Aiutateci a riaprire il Teatro dell’Acquario”

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Non si può e non si deve permettere che chiuda così, per sempre. Per dieci anni il Teatro dell’Acquario di Cosenza è stato considerato, dall’allora Ministero per i beni e le attività culturali, tra i 17 teatri stabili d’innovazione d’Italia. Una delle poche realtà al sud, insieme al Teatro Kismet di Bari, a Libero Teatro di Palermo, e finanche insieme al Nuovo Teatro di Napoli. “Nell’area urbana di Cosenza siamo stati i pionieri dell’innovazione sul palcoscenico. Noi per primi abbiamo inventato le residenze teatrali e abbiamo aperto il più possibile il sipario al territorio con i progetti di teatro per ragazzi e famiglie a teatro”. Per questo Dora Ricca, co-fondatrice insieme al marito, Antonello Antonante e ad altri amici e compagni di viaggio teatranti, dello storico teatro di via Galluppi non vuole permettere che quel sipario magico venga chiuso in via definitiva.

Dopo anni di perseveranza e fatiche, il dramma – in questo caso nel senso letterale più che teatrale del termine – è culminato a luglio dello scorso anno, 2022, quando la città di Cosenza si vedeva costretta a piangere tre lutti molto tristi. In un solo giorno, lo stesso peraltro, il 6 luglio si spegnevano Antonello Antonante, 75 anni, regista teatrale e Franco Dionesalvi, 66 anni, poeta, giornalista, scrittore e drammaturgo, intimo amico dell’Acquario e già assessore alla Cultura al Comune di Cosenza dal 1997 al 2002.

Dopo pochi giorni è calato il sipario, una volta per tutte, e per sgomberare tutto sono state pure smontate le gradinate, nel piccolo ma attivissimo teatro di Antonante e compagnia, che è stato un atto di innovazione già dalla sua nascita. “Antonello che era della zona – ricorda la moglie – sapeva di questo magazzino di via Galluppi, imbottigliato tra i palazzi. Era pieno di farmaci scaduti, noi lo abbiamo riaperto, pulito e trasformato in un luogo di vita e creatività”.

L’appello di Renata Antonante e Dora Ricca a un anno dalla morte di Antonello Antonante

Dal 1976 quasi mezzo secolo di iperattivismo culturale, smorzato però, negli ultimi anni, da crisi economica, burocrazia e da riduzioni periodiche sia dei finanziamenti regionali sia di quelli ministeriali. Un vero colpo di scena dell’assurdo quando nel 2019 l’Acquario trionfa al Premio Ubu, prestigioso riconoscimento del settore, fondato nel 1978 dal critico e saggista Franco Quadri, ma viene completamente eliminato dal Fus, il Fondo unico dello spettacolo. “Dal 1976 fino al 2017, infatti, l’Acquario ha sempre ricevuto i finanziamenti statali, invece di colpo abbiamo subito un taglio di 93 mila euro su un budget di uscite di 240 mila euro all’anno ed è stato un colpo durissimo per noi”, denunciava all’epoca Carlo Antonante, fratello di Antonello. In quell’occasione a schierarsi subito al fianco di Antonante fu Moni Ovadia, che già tante volte era stato ospite del teatrino cosentino. Non fu l’unico nome “nazionale”ad approdare a Cosenza, dove infatti negli anni, grazie al maestro Antonante sono passati Giorgio Barbiero Corsetti, Pippo Delbono, Dario Fo, Leo de Berardinis, Judith Malina, Julian Beck, il Living Theatre, e tanti altri ce ne sarebbero da elencare.

“Quando racconto la storia del Teatro dell’Acquario all’estero restano tutti a bocca aperta per il grande lavoro svolto negli anni, nonostante gli stereotipi sul sud Italia”, assicura Renata Antonante, 36 anni, naturalmente figlia d’arte di Antonello e Dora, emigrata da anni in Francia dove spesso gira in tournée con importanti compagnie teatrali.

A un anno dalla scomparsa del padre e marito, insieme rivolgono un appello che dalla comunità cosentina possa oltrepassare i confini regionali, e perché no, anche nazionali. “Avevamo provato a organizzare un crowdfunding, una raccolta fondi – spiega Dora – ma la cifra per acquistare nuovamente quello spazio è inarrivabile se siamo da sole”. L’unica strada praticabile, infatti, suggerisce Dora Ricca è quella comunitaria. “Vorremmo che di questo teatro se ne appropriasse tutta la città, che lo sentisse proprio. Come accaduto in molti teatri privati in giro per l’Italia, che nel tempo sono diventati pubblici, o gestiti a metà da pubblico e fondazioni private. Insomma aiutateci a non spegnere, anzi a far rinascere il sogno di Antonello”.

Gianluca Palma

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