Tres sillas dominan el suelo polvoriento y triste, testimonio de atrocidades y de juegos entre niños. Tres sillas a custodiar la memoria, el recuerdo que no se destroza, que no desaparece, inborrable monumento, vuelos de mariposas, truncada felicidad escondida en la cartera de las ilusiones que regalaban un sentido a la existencia. Un sentido que lentamente desvanece bajo las huellas del poder. Un sentido que se transforma, que se convierte en alteridad, que adquiere fuerza, nuevas energias. Un sentido capaz de unir bajo una misma bandera, la de la Resistencia distintas sensibilidades, sentimientos diferentes que apretan el corazón, víctimas de maldades que afecta el alma y el cuerpo. Cuerpos sotometidos, dominados por el régimen que mantiene en sus manos sucias y sangrientas el destino de miles de personas. Hay cuerpos que relatan una idéntica historia, cuerpos de los que no se rindieron, dejados a la esquina de la calle y de la narración. Una, dos, tres sillas a marcar el tránsito de las Señoras Valentía y Dignidad por lugares perdedores de humanidad, lugares vacíos, de tinieblas; lugares de hombres y mujeres adiestrados a la violencia y a la usurpación de la vida de los demás. Hay individuos ladrones de esperanzas, ladrones de años que no irán a aumentar, años inmóviles, bloqueados, derrumbados, extraviados. Tres sillas y un Chile de espalda, mesquino y arrogante, botas pesadas de los uniformados y delatores civiles en voz baja que siguen traicionando al pueblo que lucha para la libertad y la democracia. Tres sillas señalan el horror, tres sillas tres hombres, tres sillas tres compañeros, tres sillas tres profesionales, tres sillas tres seres humanos, tres sillas tres cuerpos degollados, tres sillas encima del dolor, tres sillas como despertar de las conciencias, tres sillas un único relato, tres sillas como condena perenne de los crímenes perpetrados por la dictadura.
Somos Santiago Nattino Allende, José Manuel Parada Maluenda y Manuel Leonidas Guerrero Ceballos, los tres militamos en el Partido Comunista, somos profesionales, somos hombres libres y queremos vivir como tal, luchando cada uno con sus herramientas y medios para derrumbar este sistema total que nos detiene y nos quita la vida de forma violenta. Somos Santiago, José Manuel y Manuel Leonidas, pero creo que alguien se acuerda de nosotros como los del Caso Degollados. Nos aprehendieron: a uno en la via pública el 28 de marzo de 1985 y a los otros dos el 29 de marzo del mismo año en el Colegio Latinoamericano de Integracíón. Nos aprehendieron y nos torturaron y golpearon como nunca pensábamos que un hombre pudiera torturar y golpear a sus semejantes. Nos ejecutaron y degollaron. Nuestros cuerpos abandonados por la calle.
Tres sillas. En una está sentado Santiago Nattino Allende, en otra José Manuel Parada Maluenda y en la última Manuel Leonidas Guerrero Ceballos. Están sentados en la espera de personas capaces de oír en el silencio sus palabras y de recibir el legado de la memoria para seguir difundiéndola. Tres sillas y ahora un Chile que se enfrenta a su historia reciente, que se compromete para que el tiempo y los hombres no borren lo sucedido. Tres sillas a recordar que la memoria viva, imperecedera siempre le ganará al olvido. Tres sillas, tres nombres marcados en fuego en la piel de un Pueblo entero. Tres sillas, un papá y un hijo tomándose de la mano miran el monumento, el hijo hace preguntas y el papá acariciando su cabeza con ternura contesta relatando: «Tres sillas, tres familias, tres hombres, tres compañero, tres guerreros valientes, tres caballeros, tres vivencias, tres héroes, tres de los nuestros…».
(Tre sedie sovrastano il suolo polveroso e triste, testimonianza di atrocità e giochi tra bambini. Tre sedie a custodire la memoria, la memoria che non si distrugge, che non scompare, monumento indelebile, voli di farfalle, felicità troncata nascosta nel portafoglio delle illusioni che davano senso all’esistenza. Un senso che lentamente svanisce sotto le orme del potere. Un senso che si trasforma, che diventa alterità, che acquista forza, nuove energie. Un senso capace di unire sotto la stessa bandiera, quella della Resistenza, diverse sensibilità, diversi sentimenti che stringono il cuore, vittime del male che colpisce l’anima e il corpo. Corpi sottomessi, dominati dal regime che tiene nelle sue mani sporche e insanguinate il destino di migliaia di persone. Ci sono corpi che raccontano una identica storia, corpi che non si arrendono, lasciati all’angolo della strada e della narrazione. Una, due, tre sedie per segnare il transito delle Signore Coraggio e Dignità attraverso luoghi perdenti di umanità, luoghi vuoti, di oscurità; luoghi di uomini e donne formati alla violenza e all’usurpazione della vita degli altri. Ci sono individui ladri di speranza, ladri di anni che non aumenteranno, anni immobili, bloccati, crollati, perduti. Tre sedie e un Cile di schiena, meschino e arrogante, stivali pesanti degli uomini in uniforme e delatori civili a bassa voce che continuano a tradire il popolo che lotta per la libertà e la democrazia. Tre sedie indicano l’orrore, tre sedie tre uomini, tre sedie tre compagni, tre sedie tre professionisti, tre sedie tre esseri umani, tre sedie tre corpi con la gola tagliata, tre sedie sopra il dolore, tre sedie come risveglio delle coscienze, tre sedie una storia unica, tre sedie come perenne condanna dei crimini perpetrati dalla dittatura.
Siamo Santiago Nattino Allende, José Manuel Parada Maluenda e Manuel Leonidas Guerrero Ceballos, noi tre siamo membri del Partito Comunista, siamo professionisti, siamo uomini liberi e vogliamo vivere come tali, ognuno combattendo con i propri strumenti e mezzi per abbattere questo sistema totale che ci imprigiona e ci toglie violentemente la vita. Siamo Santiago, José Manuel e Manuel Leonidas, ma penso che qualcuno si ricordi di noi come quelli del caso Degollados. Ci arrestarono: uno per strada il 28 marzo 1985 e gli altri due il 29 marzo dello stesso anno al Colegio Latinoamericano de Integracíón. Ci hanno catturati, torturati e picchiati come non avremmo mai pensato che un uomo potesse torturare e picchiare i suoi simili. Ci hanno giustiziati e ci hanno tagliato la gola. I nostri corpi abbandonati per strada.
Tre sedie. Santiago Nattino Allende è seduto in una, José Manuel Parada Maluenda in un’altra e Manuel Leonidas Guerrero Ceballos nell’ultima. Sono seduti in attesa di persone capaci di ascoltare il silenzio delle loro parole e di ricevere l’eredità della memoria per continuare a diffonderla. Tre sedie e ora un Cile che affronta la sua storia recente, impegnandosi affinché il tempo e gli uomini non cancellino quello che è successo. Tre sedie per ricordare che la memoria viva e imperitura batterà sempre l’oblio. Tre sedie, tre nomi segnati a fuoco sulla pelle di un intero Popolo. Tre sedie, un padre e un figlio che si tengono per mano guardando il monumento, il figlio fa domande e il padre carezzandogli teneramente la testa risponde, raccontando: «Tre sedie, tre famiglie, tre uomini, tre compagni, tre valorosi guerrieri, tre cavalieri, tre vissuti, tre eroi, tre dei nostri…».)
Trovandosi il Paese sotto la vigenza dello stato d’assedio, il 28 marzo 1985 venne sequestrato nella via pubblica nel settore alto della capitale, Santiago Nattino Allende, pittore e pubblicitario di militanza comunista, senza incarico conosciuto dentro il Partito.
Il giorno dopo, 29 marzo 1985, la mattina presto venne sequestrato nel momento in cui portava la figlia al Colegio Latinoamericano de Integración, José Manuel Parada Maluenda, sociologo e che lavorava come capo del Departamiento de Análisis della Vicaría de la Solidaridad. In quella stessa occasione venne sequestrato Manuel Leonidas Guerrero Ceballos, amico di lungo corso di José Parada, professore ed ispettore della stessa scuola, dirigente della Asociación Gremial de Educaciones de Chile (AGECH).
Nelle due operazioni i sequestratori attuarono con grande disponibilità di mezzi. Nel caso di Santiago Nattino segnalarono a gran voce che erano poliziotti e che arrestavano alla vittima per problemi economici. Nell’altro sequestro vi furono testimoni che indicarono la presenza di un elicottero e la deviazione del traffico nell’intero settore. Fu un’azione cruenta visto che venne sparato a bruciapelo contro un professore che provava a impedire l’arresto di Parada e Guerrero.
Relazionato a questi sequestri vi fu quanto sofferto dal dottore in architettura Ramón Arriagada nel mese di febbraio del 1985. Ramón Arriagada venne interrogato sulle attività di José Parada e Manuel Guerrero: entrambi stavano svolgendo un lavoro di analisi della struttura e del funzionamento del Comando Conjunto in base a delle informazioni ottenute dalle confessioni di un ex membro poco tempo prima.
Si pone in relazione anche con l’operazione realizzata la notte del 28 marzo 1985 alla sede della AGECH, ubicata in calle Londres 75 della capitale, locale dove Santiago Nattino riceveva la corrispondenza e aveva una linea telefonica e che Guerrero frequentava essendo dirigente dell’associazione. Da quel posto vennero portati via molti professori che rimasero privati della libertà fino al giorno 29 e che riconobbero come luogo della detenzione la caserma della Dirección de Comunicaciones de Carabineros in calle Dieciocho, lo stesso che tempo prima venne usato dal Comando Conjunto sotto il nome di “La Firma”.
Nonostante le intense attività dispiegate non si ebbe notizia dei tre professionisti fino al 30 marzo 1985 quando vennero trovati, da alcuni contadini, i corpi sgozzati nel sentiero che unisce Quilicura e l’aeroporto di Pudahuel.
Questo crimine causò profonde ripercussioni sia in ambito nazionale che internazionale, dando luogo ad una estesa indagine giudiziaria. Autorità del governo, all’inizio, spiegarono il crimine come conseguenza di una “purga tra comunisti”. Tuttavia, la Comisión Rettig arrivò alla conclusione che Manuel Guerrero, José Parada e Santiago Nattino vennero torturati e giustiziati da agenti dello stato in ragione della loro militanza e delle attività realizzate, in violazione dei loro diritti umani.
¡HONOR Y GLORIA ETERNO A LOS COMPAÑEROS NATTINO, PARADA Y GUERRERO!
¡PRESENTES AHORA Y SIEMPRE!
Chantal Castiglione